Una storia di Natale di Marzia Santella

 

Babbo Natale non voleva credere a quanto le aveva raccontato la moglie:

“C’è del malcontento tra gli elfi, ti consiglio di lavorarci prima che arrivi il periodo della preparazione dei regali”.

Babbo, ci pensava da gennaio, ma cosa poteva fare per scoprire cosa stava succedendo? I mesi erano trascorsi senza soluzione, fino a che una sera, guardando la tv, arrivò su un canale e …vide un programma mooolto interessante. Quella era la soluzione, perché non ci aveva pensato prima? Hmm, non c’era tempo da perdere, doveva agire subito, il Natale era alle porte. Entrò in ufficio in piena notte, accese il laptop e iniziò ad ordinare quanto gli serviva, ma non riuscì a finire. Sua moglie entrò nella stanza all’improvviso facendolo sussultare dallo spavento.

– Babbo, cosa ci fai ancora qui in ufficio, è tardi! Lo sai che, se non riposi bene poi diventi burbero con me e quelle povere renne! Dai, vieni a letto!” – concluse dolcemente.

Babbo chiuse la barba dentro al laptop, segno che era davvero stanco, la tirò fuori con delicatezza, spense l’abat-jour e si avviò alla stanza da letto, facendo mente locale su cosa gli servisse per completare l’opera, intanto la parte più importante l’aveva fatta.

Nel ritrovo degli Elfi arrivò una e-mail da Babbo Natale, strano, pensò l’addetto all’ufficio, era ancora presto. Curioso la lesse, Babbo Natale avvisava che la settimana seguente sarebbe arrivato un elfo in prova dal Polo Sud, dove era stato aperto un distaccamento per l’immagazzinamento dei regali.

Babbo, pochi giorni dopo, preparato il necessario, avvisò la moglie che sarebbe andato in viaggio per controllare la situazione e lei, abituata a quelle trasferte, non se ne preoccupò.

Babbo, ricevute le cose ordinate, preparò il borsone e partì per andare dagli Elfi, salutando le renne che, beate, passeggiavano sul prato verde.

Prima di arrivare si fermò in una stazione di servizio, entrò nel bagno con il borsone: con una spazzola si pettinò la barba e la appiccicò al viso con il gel, prese dalla scatola la maschera su misura da elfo, e se la infilò. Che fatica! Pareva pelle vera, era la misura più grande, la quinta extralarge, ma gli stava strettina. Nelle sue orecchie sentiva la musica di quel film, mission impossibile… come faceva? Pan pan tototo tototo trululu trululu trululu tarata tarata…  fischiettando, alla fine, gli calzò a pennello, proprio come succede a Tom Cruise! Ultimo passo: le orecchie, sembravano più stile toporagno che elfo ma, magari, con il berretto non le avrebbero notate. Si guardò allo specchio: nemmeno lui si riconosceva. Si spogliò e indossò il completo, la maglia era aderente, dio se era aderente, tenne il respiro per tirare giù il bordo e lo infilò nei pantaloni per non farlo scappare, anche il bottone dei pantaloni era in pericolo: poteva schizzare via come un proiettile da un momento all’altro, per fortuna erano un po’ elastiche …e le scarpe con il campanello in punta, ma come facevano a camminare con quei cosi?

Quando bussò dagli Elfi vide nei loro occhi il massimo stupore mai visto, ero un elfo gigante! Tipo Gulliver o che so, per fortuna il magazzino aveva il soffitto alto.

“Benvenuto! Quindi tu saresti l’elfo in prova dalla divisione Polo Sud, non ci aspettavamo un tale gigante, ma so già che ci sarai molto utile!” Disse, felice il coordinatore generale degli elfi, il CGE, che già si vedeva togliere il peso di tutto quel lavoro faticoso che stava per arrivare.

Babbo venne accompagnato in una parte del magazzino dismessa dove riuscì a crearsi un giaciglio, non doveva restare tanto, giusto il tempo di capire… si tolse quelle maledette scarpe scampanellanti, dalla punta-tortura e si addormentò di schianto, vestito.

Di buon’ora si svegliò, dolorante, dormire su quel letto improvvisato era stato un errore, la schiena doleva, tentò di stiracchiarsi, si sciacquò il viso anzi, la maschera, all’aperto per rinvigorire i sensi, non ci riuscì e la barba tirava. Entrò dove tutti gli Elfi si preparavano per il lavoro e subito aprì le orecchie, quelle ver, cercando di apparire disinvolto.

 

“Certo che stavolta Babbo ha avuto un’idea geniale!” Disse Sisu, uno degli elfi con più esperienza che aggiunse- “Con quest’elfo gigante sai quanto si alleggerisce per noi il lavoro? Negli ultimi cento anni, fateci caso, ci ha delegato un sacco di compiti e già a fine ottobre siamo oberati di lettere da leggere, regali da progettare e costruire, aggiornamento GPS per la slitta e le renne…”

“Alle renne, intanto, ci pensa la signora Natale!  Per fortuna, l’ha capito lei, che abbiamo troppo da fare, ci ha tolto l’onere di pascolare anche le signorine, simpatiche, per carità, ma anche esigenti e capricciose!” Replicò Elsa, la moglie di Lami.

“Guarda ora: siamo a fine novembre e già dobbiamo iniziare a fare i pacchetti, oliare i nastri trasportatori, fare la manutenzione e pregare che la carta regalo sia sufficiente: l’anno scorso siamo arrivati a filo! Un regalo in più e non saremmo stati in grado di impacchettarlo a dovere!” Replicò Lally esasperato.

“Dai tu, come ti chiami? Disse, già spazientito alle sei di mattina, il capoelfo di settore Favillo.

Babbo ebbe un attimo di esitazione e Favillo, arrogante, lo incitò a sbrigarsi mentre gli altri elfi abbassarono la testa come a non condividere quel modo.

-Mi chiamo Pepe- rispose Babbo cercando di strozzare la sua voce baritonale e simulando timidezza.

Favillo insofferente per non si sa quale motivo ordinò:

“Vedi quei sacchi grandi? Sono tutte letterine dei bambini, mettile in ordine di nazione, sbrigati!”

Pepe pensò che, forse il malumore degli elfi non nato solo per colpa sua, appena rientrato a casa avrebbe trovato una soluzione, un altro incarico … quel travestimento già dava i suoi frutti.

“Non farci caso Pepe- disse conciliante Lally, guardandolo dal basso con dolcezza- non è cattivo, ha dieci figli, troppe cose da fare e diventa irascibile…”

Pepe accettò il consiglio e si mise a lavorare: appena si chinò per prendere il primo sacco di lettere sentì un rumore, un lacerante craaaaaaac! Gli elfi si spaventarono, convinti che fosse stato il tuono di una tempesta imminente. Babbo rialzatosi si coprì il sedere con le manone guantate! Aveva la sensazione di avere il fondoschiena sulla collina, ventilato dal vento del nord.

Tutti gli elfi si misero a ridere producendo un boato nel magazzino, per fortuna le mutande erano rimaste integre.

Favillo era l’unico che non rideva: “Pepe, quante te ne inventi per non lavorare? Cosa aspetti? Vai a cambiarti i pantaloni!”

Babbo, tutto rosso in viso, si avviò verso la sua postazione, ringraziando il Signore, per aver acquistato tre paia di pantaloni! Si cambiò alla svelta e ricominciò a lavorare. Sentiva che gli altri elfi lo guardavano con dolcezza, cercando di consolarlo, anche con un semplice sorriso.

Quella notte, nel suo giaciglio, si addormentò di botto, esausto.

Favillo era nel suo letto sospettoso … non aveva mai visto un Elfo con una corporatura simile e quelle guance … il berretto a stento gli stava calato sulla testa, quelle orecchie avevano una piega strana e i pantaloni scoppiati… mentre pensava però si addormentò.

Le letterine erano tutte a posto …. Divise per bene.

“Bravo Pepe- disse Favillo stupito ed aggiunse- speriamo che quest’anno non deluderemo Babbo Natale, lavoriamo fino allo sfinimento perché sia tutto perfetto, invece poi, di ritorno, trova sempre da ridire sui disegni della carta regalo, sulla mole dei pacchi, sul sedile sporco da cioccolata della slitta, ogni motivo è buono!”

A Babbo gli si strinse il cuore al sentire quelle parole, era vero che si era comportato male con loro, ripensò alla notte di Natale dell’anno prima … si ricordò che prima di uscire aveva discusso con la moglie, non l’aveva avvisata che il bordo bianco del berretto era scucito e che mancava un bottone dalla casacca: aveva scatenato un putiferio, era tardi! Dove avrebbe trovato il filo del colore giusto a quell’ora? E il bottone? Non ne aveva in casa di quella forma e colore. Dovette togliere quello dei pantaloni, mettendone uno a caso, e cucire quello giusto sulla casacca, in bella vista. Babbo Natale era uscito spazientito da quella scena e, senza accorgersene, aveva riversato il suo astio sugli elfi, sempre così dolci e disponibili, grandi lavoratori come non ne avrebbe mai trovati né sulla terra, né altrove.

“Capo, le devo dire una cosa …” disse Babbo con un’espressione colpevole.

“Che c’è ora Pepe? Vuoi tornare al Polo Sud?” Chiese Favillo, senza guardarlo, infastidito a capo chino, guardando i fogli di carico della giornata…

Pepe, cioè Babbo si tolse il cappello, si toccava il viso poi, presi i lembi vicino al collo si tolse la maschera suscitando un brusio tra gli elfi, sempre più forte, tutti smisero di lavorare, poi ci fu silenzio, un silenzio atipico che fece alzare lo sguardo di Favillo.

Babbo Natale era lì difronte a lui, la panciona era ancora schiacciata nel completo da elfo, la barba era un ammasso di pelo che pareva un topo bianco bagnato e la pelle arrossata…

Favillo incontrò lo sguardo dolce di Babbo Natale, non riusciva a parlare per lo stupore!

“Ma… ma… sei proprio tu? – disse Favillo con le lacrime agli occhi- mi dispiace per quello che ho detto, per come ti ho trattato… potrai mai perdonarmi?” Non riuscì a parlare oltre… crollò sulle ginocchia, piangendo come un elfino.

Babbo Natale gli accarezzò amorevole la testa e disse, con la sua ritrovata voce tonante:

“Non c’è nulla che debba perdonarti Favillo, tu, se puoi, perdona me! Sono stato odioso l’anno scorso, ho riversato su di te, su tutti voi il mio cattivo umore per una discussione, senza neanche accorgermene!

Scusate tutti! – Le sue scuse giunsero in ogni angolo del magazzino, senza bisogno del microfono- Vi voglio bene, siete tutti nel mio cuore e vi voglio bene!” ribadì Babbo, suscitando grida di felicità degli elfi.

“Certo che quella pancia, e quelle orecchie mosce, dovevano insospettirci!” Disse Lally sconfortato, e felice, allo stesso tempo.

“E quel fracasso che provocava con le scarpe? Lo si sentiva arrivare mezz’ora prima!” replicò Lamy.

Babbo Natale, come prima cosa dopo il discorso, si tolse proprio quelle scarpe scampanellanti e fu, di certo, il secondo momento più bello della giornata, salutando tutti, con il borsone sulle spalle, aggiunse:

“Oh Oh Oh! Sono sicuro che questo sarà il Natale più felice di sempre! Dai! Andiamo a raccogliere i regali, ci aspetta il giorno magico della consegna! Vi prometto che appena torno, sarete nostri ospiti: vin brulè e panettone per tutti e poi… una bellissima vacanza, ve la meritate!”